Category: Psicoterapia

Psicoterapia

IL TRAINING AUTOGENO PER I DISTURBI PSICOSOMATICI…E NON SOLO (a cura di: Dott. Diego Dal Sacco)

Un disturbo psicosomatico è una forma di malessere indotta o peggiorata dalla tensione emotiva; spostando l’attenzione sul corpo la si allontana dai pensieri e dalle preoccupazioni, per cui somatizzare in parte può servire da valvola di sfogo, ma quando la somatizzazione è eccessiva i sintomi diventano essi stessi fonte di stress e preoccupazioni. Un approccio completo dovrebbe quindi occuparsi della persona nel suo intero ma spesso si tende ad occuparsi del corpo trascurando la parte psichica per vari fattori; quando non è possibile una psicoterapia oppure la persona non ne sente il bisogno e mostra forti resistenze, è possibile trovare aiuto imparando tecniche di rilassamento che riducono i processi di somatizzazione, come il training autogeno.

Il training autogeno è una procedura di auto-rilassamento ed auto-distensione per concentrazione sviluppata da Schultz quasi 100 anni fa; durante lo svolgimento della metodica il praticante viene addestrato alle tecniche di autosuggestione per influenzare positivamente la sua condizione psico-fisica. Nella sua forma classica utilizza sei esercizi standard che vengono allenati in contesti individuali o di gruppo per un periodo da 6 a 8 settimane; i partecipanti si siedono o si sdraiano in un ambiente tranquillo e si concentrano su diverse aree del corpo per aumentare il rilassamento. Alla fine delle sessioni si può anche parlare di ciò che si sta vivendo e soprattutto quando viene fatto in gruppo, permette di elaborare il proprio vissuto arricchendolo di senso e significato.

Relazione del Dott Dal Sacco sui disturbi psicosomatici e il training autogeno durante un incontro al Creamcafe di Palazzo Ducale a Genova

RITORNO ALLA NORMALITA’? (a cura di: Dott. Diego Dal Sacco)

L’estate 2021 è alle porte, le giornate si allungano e i locali si preparano finalmente ad accogliere i clienti; tutto fa presagire che sarà un’estate gioiosa e spensierata, eppure per molte persone non è così: proprio nel momento in cui sembra esserci una ripresa della vita normale che dovrebbe rendere felici ed ottimisti, alcuni avvertono ansia e una sorta di turbamento descritto da Adam Grant (2021)(1) del New York Times come una sorta di languore, o assenza di benessere che Corey Keyes (2010)(2) ha chiamato “languishing”.

Ma perché proprio ora che le cose sembrano andare meglio? Durante la pandemia, in inverno, la paura di ammalarsi e i problemi lavorativi hanno obbligato le persone ad attivare dei meccanismi di difesa (3) necessari per poter andare avanti e a pensare unicamente alla realtà esterna ma adesso che le cose sembrano andare bene i confini dell’Io si ritirano focalizzando maggiormente l’attenzione su mondo interno della persona e sulle sue difficoltà. È come se i problemi lavorativi, la paura di ammalarsi e la paura per l’ignoto abbiano inizialmente impegnato le risorse e l’attenzione delle persone per poi lasciare successivamente un vuoto; è questo senso di vuoto che resta a causare il malessere e la mancanza di desiderio, generati dal troppo tempo trascorso nell’incertezza del futuro e dalle angosce di morte.

Uno dei problemi principali sta nel fatto che è molto difficile descrivere questa sensazione (è più semplice descrivere e riconoscere gli oggetti che riempiono un contenitore rispetto al vuoto in esso contenuto quando non ci sono oggetti) e sarà proprio la possibilità di nominare queste emozioni, di attribuirgli un significato, a fornire la chiave per iniziare a stare meglio.

BIBLIOGRAFIA

  1. Keyes CL, Dhingra SS, Simoes EJ. Change in level of positive mental health as a predictor of future risk of mental illness. Am J Public Health. 2010 Dec;100(12):2366-71. doi: 10.2105/AJPH.2010.192245. Epub 2010 Oct 21. PMID:20966364; PMCID: PMC2978199.
  2. Grant A. There’s a Name for the Blah You’re Feeling: It’s Called Languishing. New York Times. April 19, 2021.
  3. Dal Sacco D., Pandemia da Covid-19. Una riflessione psicoanalitica. PNEINEWS, numero 5, Settembre e Ottobre 2020.

PERCHE’ MI CHIEDONO SE SONO STRESSATO SE NON MI SENTO COSI’? (a cura di: Dott. Diego Dal Sacco)

Capita a tutti di ammalarsi nel corso della vita e può succedere in qualche rara occasione che dopo diversi accertamenti medici non si riesca a capire la ragione per cui ci si è ammalati; solitamente si dice che magari è lo stress, che probabilmente il malessere è legato a problemi psicologici e non a problemi corporei reali.

Ci sono persone a cui capita di ammalarsi in un momento della vita difficile, in seguito a lutti o separazioni, oppure in un periodo in cui va male lo studio o il lavoro ma in altri casi ci si ammala in un periodo in cui psicologicamente ci si sente tranquilli e quindi una risposta del genere suscita perplessità, non ci si sente compresi e si inizia a pensare che il medico non abbia capito la reale causa del problema: solitamente in questi casi si inizia a consultare diversi specialisti con lo
scopo di capire la vera causa (fenomeno che Winnicott definiva la “dispersione degli agenti responsabili”)(1).

Quando si somatizza sul corpo ci si scarica dalla tensione emotiva per cui più si somatizza meglio si sta a livello mentale e questo spiega in parte il perchè accadano situazioni simili; inoltre alcune forme di somatizzazione vengono causate da un meccanismo di difesa psicologico, la scissione, che taglia completamente il materiale mentale insopportabile per l’Io spostandolo sul corpo: essendo stato tagliato via il malessere, la persona non lo prova più e quindi non si sente per niente stressata o quantomeno non può pensare che sia davvero quella la causa visto che non ne è neanche più a conoscenza (il trattino tra psico “-” somatica si riferisce proprio a questa scissione dei contenuti mentali). L’evento somatico sarebbe pertanto un tentativo di ristabilire l’autointegrazione e il legame con la realtà (2).

BIBLIOGRAFIA

  1. Winnicott D.W. (1964) Disturbi psico-somatici. In: Winnicott DW. Esplorazioni psicoanalitiche. Tr.it. Milano, Raffaello Cortina Editore 1995.
  2. Fischbein JE. Psychosomatics: a current overview. Int J Psychoanal. 2011 Feb;92(1):197-219.

MAL DI TESTA PSICOSOMATICO (a cura di: Dott. Diego Dal Sacco)

QUANDO IL MAL DI TESTA E' CAUSATO O PEGGIORATO DALLE EMOZIONI

quando il mal di testa è causato peggiorato dalle emozioniL’emicrania e la cefalea possono a volte essere di tipo psicosomatico, ovvero causate o peggiorate da fattori emotivi inconsci. La collaborazione con il neurologo è però fondamentale per escludere le cause organiche responsabili di questa patologia, a volte davvero invalidante per chi ne soffre.

Talvolta il dolore nella regione facciale e della testa è causato da patologie di pertinenza otorinolaringoiatrica come le sinusiti o a problemi della vista per cui può essere importante anche effettuare una consulenza dall’oculista e dall’otorinolaringoiatra. Quando il neurologo, l’otorinolaringoiatra e l’oculista escludono problematiche organiche o se la patologia ha una base organica ma viene peggiorata da fattori emotivi, si possono valutare gli aspetti psicosomatici, se il paziente ne sente il bisogno.

A volte la sintomatologia è legata ad un’attivazione del sistema nervoso ortosimpatico che agisce vasocostringendo, aumentando la pressione e contraendo la muscolatura: questo tipo di reazione si verifica di solito quando una persona si prepara per reagire ad uno stimolo minaccioso; tali reazioni vengono definite di fight or flight, cioè di lotta o fuga e rappresentano delle reazioni basali, automatiche, fondamentali per la sopravvivenza.

A volte però una persona vive alcune situazioni in cui si trova come minacciose e attiva inconsciamente, senza rendersene conto, questo tipo di reazioni nervose in modo prolungato e controproducente. Franz Alexander descrisse molto bene questo fenomeno e definì questo tipo di manifestazioni come nevrosi vegetative (1).

L’attivazione dell’ortosimpatico e la comparsa di episodi acuti di stress, determinano anche la produzione di sostanze chimiche come IL alfa, beta, 6 e TNF ALFA capaci di promuovere alla lunga uno stato infiammatorio, con sbilanciamento verso un tipo di cellule del sistema immunitario chiamate Th1, che insieme all’aumentata produzione di sostanza P, peggiorano il dolore (2). Quando lo stress continua, viene modificata la produzione di citochine e la loro interferenza nel sistema immunitario predispone allo sviluppo di malattie autoimmuni per sbilanciamento verso le cellule Th2 (3).

A volte il mal di testa ha anche un significato simbolico: può essere un modo di identificarsi con un parente o una persona cara che ne ha sofferto in passato, oppure un modo per avvertire i propri limiti corporei ed identitari (perchè tendendosi la testa con le mani, come spesso accade quando il dolore è insopportabile, si percepiscono meglio i propri confini corporei); altre volte il dolore nella regione del volto e della testa è causato da una tensione emotiva non espressa adeguatamente e che preme per venir fuori (come una pentola a pressione che sta sul punto di scoppiare).

Altre volte ammalarsi è un modo per avvicinarsi all’altro e per chiedere aiuto con una modalità simile a quando un bambino chiede aiuto al genitore, affidandosi ad una figura competente in grado di prendersi cura di noi durante la sofferenza (4).

Alcuni autori ritengono inoltre che ammalarsi è un modo simbolico per espiare masochisticamente delle colpe perchè a volte una parte di noi, il Super-Io, in particolare la coscienza morale, ci impone di soffrire perchè ce lo meritiamo; questo in parte potrebbe spiegare perchè a volte si riscontrano tante resistenze al cambiamento in chi soffre di malattie psicosomatiche (5).

Un altro fattore importante da prendere in considerazione nelle malattie psicosomatiche è che più le tensioni emotive vengono scaricate nel corpo, più la mente si sente libera e sgombra dai pensieri, per cui paradossalmente il momento in cui somatizziamo di più è quello in cui ci sentiamo meno stressati (6).

La letteratura odierna dimostra che un approccio multidisciplinare che comprende anche l’eventuale analisi e trattamento dei fattori emotivi in grado di scatenare o peggiorare la sintomatologia rappresenta il miglior modo di affrontare il problema (7,8,9,10).

BIBLIOGRAFIA

  1. Alexander F. (1950) Psychosomatic Medicine. New York: Norton. Tr.it. Medicina psicosomatica. Firenze, Marzocco 1951.
  2. Yang L, Zhao Y, Wang Y, Liu L, Zhang X, Li B, Cui R. The Effects of Psychological Stress on Depression. Curr Neuropharmacol. 2015;13(4):494-504.
  3. Peters EM. Stressed skin? A molecular psychosomatic update on stress-causes and effects in dermatologic diseases. J Dtsch Dermatol Ges. 2016 Mar;14(3):233-52.
  4. Chiozza L. (1986) Perchè ci ammaliamo? Roma, Borla 1989.
  5. Groddeck G. (1961) Il libro dell’Es. Lettere di psicoanalisi a un’amica. Milano, Adelphi edizioni s.p.a. 1966.
  6. Deutsch F. (1959) Il “misterioso salto” dalla mente al corpo. Firenze, G. Martinelli Editore 1975.
  7. Guidetti V, Cerutti R, Faedda N, Natalucci G. Migraine in childhood: an organic, biobehavioral, or psychosomatic disorder? Neurol Sci. 2019 May;40(Suppl 1):93-98.
  8. Schubbe O.Treatment of Psychosomatic Disorders – Psychotherapy with Eye-Movement Desensitization and Reprocessing. Ther Umsch. 2019;76(5):247-251.
  9. Graef JE, Rief W, Nestoriuc Y, Weise C. The More Vivid the Imagination the Better: The Role of the Vividness of Imagination in Vasoconstriction Training and Vasodilatation Training. Appl Psychophysiol Biofeedback. 2017 Dec;42(4):283-298.
  10. Hashizume M. Psychosomatic approach for chronic headache. Rinsho Shinkeigaku. 2012;52(11):866-8.